Mestiere di vento

Il viaggio non è l’emozione di attimi pericolosi, il viaggio è la gioia del tempo: pericolo è stare rinchiusi


Due racconti (rettificato)

Yasser Al-Anati, martire di Al Aqsa
Nella casa della sua famiglia un’intera stanza e’ dedicata a Yaser Al-Anati. “You will always be in our hearts”, c’e’ scritto su una foto. Accanto e’ incorniciato un fotomontaggio con Yaser accanto ad Arafat.
La madre ci racconta la vita di un ragazzo di 26 anni che lavorava come guardia in un ospedale. Il 26 dicembre 2006 viene chiamato al lavoro, ma era una trappola: al suo arrivo il gabbiotto dell’ospedale viene circondato da soldati israeliani e Yaser viene ucciso, nonostante un accordo tra polizia israeliana e palestinese preveda che non si spari in simili situazioni.
Era il quinto tentativo di uccidere Yaser Al-Anati, che tre anni prima era entrato nelle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di Al Fatah. Non aveva detto nulla alla famiglia, ma la madre e i fratelli l’avevano ormai capito perche’ da molti mesi non dormiva a casa: la polizia israeliana lo cercava, irrompendo nella casa della famiglia ogni notte. Israele considera terroristi i militanti nelle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, mentre la comunita’ internazionale li reputa resistenti, in quanto difendono il proprio territorio e non combattono fuori dai confini del ‘67.
<<Ci piacerebbe che Yaser fosse ancora vivo – dice il fratello, che continua ad essere attivo nella resistenza palestinese e ha passato sei anni in carcere – ma siamo palestinesi e dobbiamo resistere>>

RETTIFICA – mi ero persa un tempo al passato nel racconto della madre di Yaser. Le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa sono effettivamente inserite nell’elenco dell’Unione Europea (del 2005) di entita’ e persone a cui si applicano misure restrittive per combattere il terrorismo. Ma all’epoca della morte di Yaser, questa organizzazione era ancora considerata resistente e non terrorista. Grazie a Luca per la precisazione e il link (che trovate nei commenti)

 

Abu Dis, la citta’ tagliata dal muro
“C’erano due fratelli che abitavano a 10 metri di distanza. Poi costruirono un muro che li separo’. Da quel momento, per incontrarsi i fratelli dovettero percorrere ogni volta 20 chilometri.”
Sembra l’inizio di una fiaba, ma e’ successo veramente nel 2002 ad Abu Dis, una cittadina di 25.000 abitanti alla periferia di Gerusalemme. Il muro, costruito per inglobare nello stato di Israele alcune colonie, taglia a meta’ il villaggio: 15.000 persone da una parte, 10.000 dall’altra. Qui la disoccupazione supera il 50% e migliaia di studenti, oltre a 130 professori, non possono piu’ frequentare le scuole di Gerusalemme. Pochissimi hanno i permessi che consentono di spostarsi sul territorio: vengono negati infatti a chi ha un parente in carcere. <<Ma qui tutti i maschi sopra i 16 anni sono stati almeno una volta in prigione – scherza amaramente il responsabile del centro sportivo finanziato dal governo svedese, unico luogo che consente l’attivita’ sportiva ai giovani del circondario – Alcuni dei martiri palestinesi erano nelle nostre squadre di calcio, scherma e karate.>> Ad esempio la squadra di scherma per i bambini di otto anni e’ intitolata a Fed Bahar, un ragazzo ucciso dai soldati israeliani mentre camminava per la strada. La polizia diffuse la notizia che si era trattato di un incidente stradale causato da un autista palestinese.
Questa area non rientra all’interno dei trattati di Oslo, non e’ considerata zona “A”, “B” o “C”, di fatto e’ sotto il controllo militare israeliano. Sul futuro degli abitanti pende un punto interrogativo: e’ allo studio un progetto che prevede la costruzione di un muro piu’ a est: questi territori, abitati da palestinesi, rimarrebbero cosi’ circondati.



2 risposte a “Due racconti (rettificato)”

  1. Hi Elisa, non e’ che voglio fare il rompiballe ma la questione dei Martiri di Al-Aqsa e’ MOLTO piu’ complicata di cosi’. So ‘sta storia perche’ una volta ho scritto una lettera al Manifesto che non hanno mai pubblicato.

    Non so a chi ti riferisci quando dici che “la comunita’ internazionale li reputa resistenti”.

    Per quanto ne so, l’Unione Europea (insieme a Canada, USA e Giappone e probabilmente altri) li considera terroristi – hanno apparentemente ucciso un mucchio di civili a quanto ne so, a Gerusalemme e TelAviv e altri posti, mettendo bombe nelle stazioni degli autobus e bar. (Forse erano posti all’interno dei confini del 67′, ma non vedo questo come una giustificazione).

    Io sarei un po’ piu’ cauto con queste affermazioni (almeno, non capisco dal tuo racconto se e’ tua o della madre).

    Per l’etichetta di gruppo terrorista, guarda questo link al “Official Journal of the European Union”:

    Fai clic per accedere a l_34020051223en00640066.pdf

  2. Ciao Luca,
    hai ragione, la questione e’ molto piu’ complicata di cosi’, infatti abbiamo chiesto nei prossimi giorni di avere un momento di spiegazione generale della politica palestinese. Quello che ho scritto sulla comunita’ internazionale e’ quello che ci ha detto la madre del ragazzo: non ho potuto verificarlo perche’ qui la connessione internet va e viene e non c’e’ tempo di controllare, ma lo faro’ appena tornata in Italia.
    Grazie intanto per il link.

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